
Con l’ordinanza del 21 maggio 2020 il dott. Minniti del Tribunale di Firenze rimette alla Corte Costituzionale la questione di legittimità avente ad oggetto il “contrasto tra gli art. 2, 3, 24 e 32 Cost. ed il combinato disposto dell’art. 8, D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, dell’art. 91 c.p.c., dell’art. 8 commi 1° e 2° della l. 8 marzo 2017 n.24, dell’art. 669-quaterdecies e dell’art. 669-septies c.p.c. nella parte in cui esclude, nella interpretazione consolidata e divenuta diritto vivente, che il giudice possa addebitare, in tutto o in parte, a carico di una parte diversa da quella ricorrente, il costo, comprensivo di compensi ed esborsi, dell’attività del collegio nominato per lo svolgimento di CTU nel procedimento di cui all’art. 696-bis c.p.c. ed all’art. 8 della legge 8 marzo 2017 n.24, che l’ha resa condizione di procedibilità della domanda di merito”.
Il caso sottoposto al Giudice in questione trae origine da un ricorso ex artt. 696-bis c.p.c. e 8 della Legge 8 marzo 2017, n. 24 per l’accertamento dal punto di vista medico legale dell’errore sanitario, del nesso causale e delle conseguenze pregiudizievoli subite da una intera famiglia.
La Legge 24 del 2017 (Legge Gelli) prevede che chi vuole esercitare un’azione risarcitoria in ambito di responsabilità professionale medica è tenuto preliminarmente a proporre ricorso, ai sensi dell’art. 696 bis del c.p.c., attraverso una consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite. La presentazione di tale ricorso costituisce condizione di procedibilità della domanda di risarcimento. Rimane comunque fatta salva la possibilità di esperire in alternativa ed in via residuale il procedimento di mediazione obbligatoria ai sensi dell’articolo 5, comma 1-bis, del Decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28.
Il Giudice del Tribunale di Firenze si è chiesto, dunque, dopo aver passato in rassegna le decisioni di altri Tribunali e della Corte di Cassazione, se sia giusto che le spese, spesso importanti, sostenute per il pagamento del compenso del Consulente Tecnico nominato dal Giudice, ovvero il medico legale, siano interamente anticipate dal paziente danneggiato, salvo, eventualmente ottenerne il rimborso all’esito del giudizio di merito, dunque molti anni dopo. Tale sistema renderebbe eccessivamente gravoso l’accesso alla giustizia, tanto da scoraggiare iniziative da parte di chi possiede meno risorse. Porterebbe, addirittura, il rischio concreto di porre “il paziente non abbiente in una posizione di debolezza economica nella trattativa pur all’interno di un procedimento giurisdizionale” che è obbligatorio e condizione di procedibilità. Alla luce di questo ragionamento il Giudice di Firenze ritiene di rivolgersi alla Corte Costituzionale affinché valuti la legittimità della Legge Gelli nella parte in cui impone al danneggiato di accollarsi tutte le spese di CTU. A questo punto non resta che attendere la decisione, auspicando che possa rendere più accessibile l’accesso alla giustizia da parte di chi è stato danneggiato da errore medico.