
La Corte di Cassazione, con la sentenza 27/03/2019 n° 8461, si è così espressa: “E’ infatti sostenibile il nesso causale tra un comportamento omissivo del medico ed un pregiudizio subito dal paziente in cui un corretto comportamento del dottore avrebbe portato ad evitare il danno verificatosi poi al paziente.
In questo caso il giudice applica la regola della preponderanza dell’evidenza o del più probabile che non al nesso di casualità fra il comportamento del medico e i danni che ha creato al paziente”.
Nello specifico, la donna, dopo una prima ecografia alla mammella effettuata in uno studio privato con diagnosi che escludeva un tumore maligno, a distanza di pochi giorni si era recata presso la Ausl di zona, richiedendo un controllo senologico.
In quell’occasione, il medico confermava la natura “benigna” della patologia, suggerendo alla paziente un ulteriore controllo a distanza di sei mesi.
Tale successivo controllo rivelava però la natura maligna ed aggressiva della patologia, con necessaria asportazione radicale della mammella, intervento al quale seguivano cure chemioterapiche invasive e due ulteriori interventi di chirurgia plastica. In corso di causa si assisteva al decesso della signora, pertanto la Corte di Cassazione riconosceva ai famigliari non solo danno per il minor periodo di sopravvivenza dovuto alla ritardata diagnosi, ma altresì per l’evento morte conseguente al comportamento negligente.